L'amministratore del condominio è obbligato ad agire nei confronti del condomini morosi entro il termine di sei mesi dall'approvazione del bilancio di esercizio e relativo riparto.
Se non agisce entro questo termine, ci si chiede quale sia la scadenza ultima sulla cui base si può dire che non abbia più il potere di agire in esecuzione per il recupero del credito del condominio.
Con questo interrogativo, si fa riferimento al termine di prescrizione, decorso il quale l'azione si estingue per mancato esercizio del relativo diritto di riscossione.
La prescrizione è l’istituto che incide sull'azione giuridica, non sul diritto. Ciò che si estingue è l'azione, ossia la possibilità di agire, non il diritto.
E infatti l'eccezione di prescrizione può essere sempre fatta valere dalla parte e non rilevata d'ufficio dal giudice, trattandosi di interesse strettamente personale. Se la prescrizione non viene eccepita dal debitore che si limita a pagare, egli non può domandare la restituzione di quanto versato.
Questi argomenti sono stati affrontati nella decisione del Tribunale di Napoli del 3 ottobre 2019, resa al termine di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
La Cassazione Già in precedenza la Suprema Corte ha espresso il proprio giudizio sul tema. Per le spese condominiali «per loro natura periodiche, trova applicazione il disposto dell'art. 2948 c.c. n. 4 in ordine alla prescrizione quinquennale dei relativi crediti (Cass. n. 12596/02), la cui decorrenza è da rapportarsi alla data della delibera di approvazione del rendiconto delle spese e del relativo stato di riparto» (Cass. 25 febbraio 2014 n. 4489).
Per ciò che riguarda la decorrenza del suddetto termine, la Corte di Cassazione ha specificato che è a far data dall'approvazione del piano di ripartizione della spesa e non dalla chiusura dell'esercizio di riferimento (Cass. 5 novembre 1992 n. 11981).
La sua interruzione impedisce il compimento del termine prescrizionale, facendolo decorrere ex novo per intero (art. 2945, primo comma c.c.) con decorrenza variabile in ragione della natura dell'atto interruttivo.
Come interromperla In ambito stragiudiziale, la prescrizione può essere interrotta da ogni atto che valga a costituire in mora il debitore, con ciò riferendosi alla classica diffida.
Nella causa sorta in ragione di opposizione a decreto ingiuntivo risolta dal Tribunale di Napoli con la sentenza del 3 ottobre 2019 si legge che «nulla vieta all'amministratore, comunque entro il termine di prescrizione delle spese condominiali, di convocare l'assemblea per l'approvazione di un nuovo stato di riparto, comprensivo di tutte le quote scadute pregresse dovute dai condomini».
Così, anche i saldi degli esercizi precedenti entrano a far parte di un unico rendiconto che, se contestato dal singolo condomino, dovrà essere impugnato nei termini di cui all'articolo 1137 c.c.
Il termine si rinnova Perciò, il termine di prescrizione delle quote condominiali si rinnova ad ogni approvazione dello stato di riparto da parte dell'assemblea condominiale, con la conseguenza che i saldi dovuti dai condomini si cristallizzano nel tempo, incluse le morosità pregresse, e diventando esigibili in ogni tempo.
La giurisprudenza afferma che per le spese più risalenti nel tempo, qualora siano state riportate nei rendiconti, di anno in anno, sono esigibili dall'amministratore nei confronti del condomino, anche neo proprietario (Corte Appello Genova n. 513/09).
Infatti «…per loro natura periodiche, trova applicazione il disposto dell'art. 2948 c.c. n. 4 in ordine alla prescrizione quinquennale dei relativi crediti (Cass. n. 12596/02), la cui decorrenza è da rapportarsi alla data della delibera di approvazione del rendiconto delle spese e del relativo stato di riparto» (Cass. 25 febbraio 2014 n. 4489).
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